Ciao GamerHz!
Come sapete noi di 4GameHz viviamo il mondo videoludico in ogni suo aspetto, proprio per questo gli effetti che questo media ha sulla vita e salute, in base alle ricerche scientifiche svolte finora, è un argomento che ci sta a cuore e affronteremo con cura e attenzione.
In questo articolo andremo a vedere tutte le ricerche fatte sui benefici cognitivi dati dai videogiochi.
Iniziando dal professore e psicologo Anderson che tentò di avvalorare la sua tesi sulla violenza appresa attraverso i media, andando poi ad analizzare tutte le ricerche che, fortunatamente, hanno dimostrato invece tutti i miglioramenti cognitivi sviluppati videogiocando.
Quante volte abbiamo sentito dire che i videogiochi rendono violenti e sono pericolosi o dannosi? Ricordiamo, anche se non vorremmo, il recente caso del libro Cocaweb, dell’ex senatore Cangini, in cui gli effetti degli stessi sulla psiche umana vengono associati a quelli della cocaina. Ma andiamo a vedere, con prove scientifiche, quanto c’è di vero.
Ogni videogiocatore sa bene quanto di falso c’è in tutto ciò che comunemente viene affermato e creduto sul suo media preferito. Ma perché è rivolta così tanta attenzione verso i videogiochi? Cos’hanno di diverso e speciale rispetto agli altri media?
La prima evidente differenza sta nell’interattività del mezzo. Proprio per questa sua peculiarità il professore e psicologo Craig A. Anderson afferma: “la violenza proposta dai media lineari, come la televisione, i libri e la musica, non solo può essere appresa e quindi influenzare il sistema cognitivo, ma tale pericolo risulta superiore nel caso in cui si avesse a che fare con i videogiochi” proprio per la loro componente interattiva.
Fortunatamente non è stato l’unico a dedicarsi a tale argomento.
A contestare i risultati di Anderson ci penserà Ferguson qualche anno dopo.
Christopher Ferguson, psicologo americano, notò che i dati precedentemente mostrati erano solo parziali e mettevano in risalto solo aspetti che poco avevano a che fare con l’aggressività nella vita reale, come ad esempio pensieri aggressivi o fantasie (che se giochi a Dark Souls sono parte del gameplay) ma solo parzialmente riconducibili a comportamenti violenti nella vita vera (qui la sua intera ricerca, in inglese)
Con questa premessa riprese i dati di Anderson e li valutò a sua volta e dai suoi studi non emerse nessuna prova significativa che l’uso di videogiochi violenti incrementasse l’aggressività nelle persone. I calcoli da lui svolti infatti sembravano sostenere che gli unici aspetti influenzati, per di più in meglio, anziché in peggio, fossero alcune competenze cognitive.
C’è inoltre un’altro dato da considerare, la moralità trasmessa dalla narrativa dei videogiochi, anche quando più violenti.
Le azioni dei personaggi che danno vita ai videogiochi sono inserite in un contesto narrativo ricco di significati, il che attribuisce alle loro gesta un valore diverso da quello che avrebbero se prese fuori dal contesto e analizzate singolarmente.
Secondo alcune ricerche, le differenze, tra un contesto narrativo in cui la violenza è motivata da un bene superiore e uno dove la si esegue per il puro piacere del proibito, sarebbero significative, poiché gli aspetti che caratterizzano un personaggio, tra cui i valori morali, sembrerebbero proteggere da esperienze emotivamente negative durante l’attività di gioco (Hartmann & Vorderer, 2009; Hartmann, Toz & Brandon, 2010).
Emerge così una concezione del videogioco, anche quando violento, come opportunità e come mezzo capace di potenziare gli aspetti cognitivi ed espressivi, uno strumento costruttivo e perfettamente inseribile in uno stile di vita da cui tutti, sia ragazzi che adulti, possono trarre vantaggio.
In che modo i videogiochi ci influenzano?
In che modo i videogiochi riescono a sviluppare competenze cognitive nei suoi usufruitori? Come fanno i videogiocatori a immedesimarsi così tanto?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo analizzare alcuni aspetti presenti nei videogiochi come l’avatar, l’ambiente, la libertà di azione e decisionale. Ognuno di questi aspetti, insieme alla già citata interattività del prodotto, crea un ambiente in cui il videogiocatore può immedesimarsi tanto da essere influenzato inconsciamente durante la sua permanenza in quel mondo e quella vita. Andiamo più in profondità e vediamo questi aspetti singolarmente prima di scoprire quali sono i benefici cognitivi ed emotivi dati da questo mondo tanto incompreso da chi non lo usa.
Avatar, ambiente e libertà decisionale
L’io giocante, dentro il videogioco, assume un’identità virtuale ben definita, che può avere forme e accezioni diverse. Prendendo a piene mani dal concetto mutuato dalla religione induista di Avatar, ovvero l’assunzione di un corpo fisico da parte di un Dio, o di uno dei suoi aspetti, che rappresenta l’utente dentro un videogioco e le sue possibilità di manipolare ed essere manipolato dallo e nello spazio meta-mediale in cui è immerso.
Il giocatore, è regista e attore dell’azione, è con i propri sensi (per lo meno con vista, udito e tatto) contemporaneamente dentro e fuori dall’azione stessa, che si svolge nel meta-ambiente (Bettetini & Colombo, 1993)
Gran parte dell’elemento narrativo che compone un videogioco è formato, sostanzialmente, dall’ambiente e dai suoi protagonisti. Questi elementi richiedono un sempre minore sforzo cognitivo per stabilire il legame empatico tra giocatore e avatar, penetrando dunque più a fondo e con più facilità nella sospensione dell’incredulità, il flusso, (Csikszentmihalyi, 1990), la sensazione olistica di coinvolgimento totale (Turner, 1986; Alinovi, 2004) di cui sono noti sei tratti distintivi:
• la fusione tra azione e coscienza: si è coscienti delle azioni che si compiono, ma non del fatto stesso di esserne consci, se non interrompendo il ritmo dell’azione stessa;
• la concentrazione dell’attenzione su un insieme limitato di stimoli relativi al contesto del gioco, messa in moto dal principio del piacere intrinseco e dalla volontà di competizione o successo dell’azione;
• la perdita dell’io: l’accettazione acritica delle regole del gioco, indipendente dalle contrattazioni con il sé su ciò che si deve o non deve fare (Csikszentmihalyi, 1975);
• la sensazione di padronanza dell’azione in gioco e delle capacità necessarie per arrivare in fondo al momento ludico;
• l’esigenza d’azione non contraddittoria: la coerenza necessaria tra azione del giocatore e reazione dell’ambiente, che deve fornire un feedback chiaro e univoco;
• la ricompensa, meta finale non indispensabile, ma che funge da baluardo motivazionale (in particolare se ha ripercussioni sulla realtà di chi gioca). Al fine di far raggiungere al videogiocatore la sospensione volontaria dell’incredulità.
In altre parole, grazie all’insieme di queste sensazioni attraverso il gioco riusciamo a vivere “realmente” storie, vite e mondi.
Tutto questo, coniugato ad una libertà decisionale sul come vivere, plasmare o creare la nostra storia, in base alla diversa tipologia di gioco, permette uno scorrimento dell’informazione verso un ruolo attivo, da protagonista e non da spettatore del giocatore, pluridirezionale. A differenza di un media lineare, come possono essere un film o un libro, nel gioco siamo noi a scegliere come, quando e in che modo vivere quel mondo, rendendo quella storia quanto più personale possibile.
Benefici cognitivi
L’interesse scientifico e psicologico verso il mondo videoludico è sempre stato molto alto. Dopo diversi studi finalmente possiamo fare un elenco abbastanza esaustivo e certo del potenziamento cognitivo che questo media permette.
Miglioramento in processi visivi di base
– Maggiore sensibilità al contrasto visivo: Cinquanta ore di videogiochi d’azione (suddivisi in 10 giorni) possono incrementare la sensibilità al contrasto visivo (la capacità di distinguere leggere differenze di tonalità di grigio) (Li et al., 2009).
– Trattamento dell’ambliopia: (detta anche “occhio pigro”): Li e colleghi (2011) hanno progettato un esperimento nel quale alcuni adulti con questo disturbo giocavano con videogiochi d’azione utilizzando solo l’occhio malfunzionante (l’altro occhio era bendato). Altri svolgevano altre attività, sempre con l’occhio funzionante coperto, come lavorare a maglia o guardare la televisione. Coloro che avevano giocato hanno mostrato un significativo miglioramento.
Miglioramento nelle funzioni di attenzione e vigilanza
– Miglioramento dell’attenzione spaziale: Green & Bavelier (2012) hanno rilevato che i videogiochi d’azione possono migliorare le prestazioni nella capacità di individuare, velocemente , uno stimolo bersaglio in un campo di distrattori, i risultati di questo test sono ottimi segnali predittori della capacità di guida.
– Terapia della dislessia (disturbo specifico della lettura): Uno studio ha dimostrato che anche solo 12 ore di utilizzo di specifici videogiochi miglioravano i punteggi dei bambini affetti da dislessia nelle prove di lettura e fonologia (Franceschini e altri, 2013). Il miglioramento è stato uguale, o maggiore, di quello ottenuto con percorsi sviluppati specificamente per trattare la dislessia.
– Miglioramento della capacità di seguire oggetti in movimento: I videogiochi d’azione si sono rivelati in grado di migliorare la capacità di bambini e adulti di mantenere l’attenzione su una sequenza di oggetti in movimento che erano visivamente uguali ad altri oggetti in movimento nel campo visivo (Trick et al., 2005).
– Riduzione dell’impulsività: I videogiochi d’azione si sono rivelati in grado di migliorare le prestazioni in un test che misurava la capacità di astenersi dal rispondere a stimoli non bersaglio in un esperimento in cui gran parte degli stimoli richiedevano una risposta mentre stimoli più occasionali non richiedevano, invece, nessuna risposta (Dye, Verde, e Bavelier, 2009).
Miglioramento nelle funzione esecutive
– Maggiore capacità di impegnarsi in compiti multipli simultaneamente: Chiappi e colleghi (2013) hanno dimostrato che 50 ore di videogiochi d’azione potenziano significativamente le prestazioni in un test chiamato “Multi-Attribute Task Battery”, ideato sulla base delle capacità e abilità richieste agli aviatori. Il test prevede l’utilizzo di un joystick per mantenere un bersaglio al centro di uno schermo, controllare i livelli di carburante, gestire le spie su un pannello di controllo e ascoltare e rispondere alle comunicazioni radio. Punteggi elevati in questo test sono correlati con le reali prestazioni nel pilotaggio di aerei.
– Rallentamento del declino delle funzioni cognitive che accompagna l’invecchiamento: Flessibilità cognitiva, attenzione, memoria di lavoro e ragionamento astratto sono tutte funzioni cognitive che tendono a deteriorarsi con l’età. Molti esperimenti con partecipanti anziani dimostrano i benefici dei videogiochi in tutte queste abilità (ad esempio Basek et al., 2008). Uno studio ha provato che tale attività non solo conduceva ad un miglioramento cognitivo negli anziani, ma anche ad un aumento dell’autostima e una migliore qualità di vita (Torres, 2011).
– Maggiore flessibilità mentale: Numerose ricerche hanno dimostrato che i videogiochi d’azione sono in grado di migliorare la capacità delle persone di passare rapidamente e correttamente tra attività che hanno requisiti diversi (Anderson e altri, 2010; Green e altri, 2012; Colzato e altri, 2014).
Miglioramento in termini di competenze lavorative
Molti studi indicano che i videogiochi possono migliorare le prestazioni sul posto di lavoro, soprattutto in quelle professioni che prevedono una buona coordinazione oculo-motoria, attenzione, ottima memoria di lavoro e rapidità decisionale.
Uno studio di correlazione, per esempio, ha dimostrato che i videogiocatori erano migliori dei non giocatori nell’abilità di far volare e atterrare aerei pilotati da remoto e, in questa attività, erano sostanzialmente bravi come i piloti che erano stati addestrati (MKinley et al., 2011). Un altro studio ha rivelato che giovani chirurghi inesperti, che erano anche accaniti giocatori di videogames, potevano addirittura raggiungere risultati migliori rispetto ai loro colleghi chirurghi più esperti (Rosser et al., 2007).
Infine, in un altro esperimento, chirurghi novizi sottoposti ad un training con videogiochi d’azione sono risultati più bravi in una simulazione di chirurgia laparoscopica rispetto a coloro che non avevano partecipato al training (Schlickum et al., 2009).
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