Benvenuti GameHz,
dopo innumerevoli (ed estenuanti) ore trascorse a vagare per l’Interregno, siamo finalmente pronti a condividere con voi i nostri pensieri riguardo al gigantesco Elden Ring, ultimo lavoro del team di Hidetaka Miyazaki il quale, nel bene o nel male, è riuscito a confezionare un’opera della quale si parlerà ancora a lungo.
In questo articolo affronteremo i numerosi aspetti di un gioco mastodontico, pertanto preparatevi psicologicamente e sedetevi comodi, perché ci sarà da leggere molto.
Tra i vari argomenti che affronteremo, sarà incluso un paragrafo relativo alla storia e aggiungeremo alcune foto a corredo per rendere la lettura di tutto l’articolo molto più scorrevole, pertanto vi avvisiamo con largo anticipo:
ALLO SCOPO DI CONFEZIONARE UNA RECENSIONE QUANTO PIÙ COERENTE POSSIBILE, INSERIREMO DETTAGLI ED IMMAGINI CHE SI RIFERISCONO AD ALCUNI ASPETTI DELLA TRAMA.
SI TRATTERÀ DI SPOILER MINIMI E PRINCIPALMENTE RELATIVI ALLE PRIME ORE DI GIOCO, MA VOGLIAMO COMUNQUE AVVISARVI CON LARGO ANTICIPO PER NON ROVINARVI L’ESPERIENZA.
Fatte queste doverose precisazioni, non resta che lanciarci in quello che sarà, non ne abbiamo dubbi, un lungo viaggio di scoperta.
Inseriamo qui sotto il trailer relativo alla storia di Elden Ring, in modo da fornirvi un’introduzione adeguata.
Introduzione
Per chi ancora non avesse sentito parlare di Elden Ring oppure, pur avendolo visto e letto ovunque, non sapesse esattamente di che gioco si tratti, ecco una breve presentazione per fornirvi le informazioni basilari, ideali per affrontare la nostra analisi adeguatamente preparati a coglierne tutti gli aspetti.
Il mondo di Elden Ring nasce dalla collaborazione di From Software (Armored Core, Tenchu, Demon’s Souls, Dark Souls) con il celebre scrittore George R. R. Martin (Windhaven, A Song of Ice and Fire) e si presenta come un Action-Adventure RPG Open World con un Gameplay frenetico ed incentrato sul sistema di combattimento.
Il tutto poggia sul consolidato sistema tipico del genere Souls nel quale il nostro alter-ego, sconfiggendo gli avversari, accumulerà esperienza sotto forma di una valuta specifica (in questo caso: Rune) che potrà essere spesa per l’aumento del livello e delle statistiche o l’acquisto di equipaggiamento.
In perfetto stile Souls, le rune verranno perse alla morte del personaggio ma potranno essere recuperate tornando sul luogo dello sfortunato incidente, salvo essere perdute definitivamente qualora si morisse di nuovo prima di riuscire a riottenerle.
Le più che collaudate e familiari meccaniche alla base di questo sistema di gioco (come già accennato) tipiche di tutta la serie Souls delineano quindi un Gameplay punitivo e spietato ma che è in grado di regalare notevoli soddisfazioni, a patto che il giocatore sia pronto provare e riprovare apprendendo dai suoi errori.
Bene, cari GameHz, a questo punto padroneggiate le informazioni basilari per potervi tuffare con sicurezza nella nostra analisi approfondita di Elden Ring.
Iniziamo con…
Trama e Narrativa
Oltre gli impenetrabili misteri del Mare di Nebbia si estendono le sconfinate lande dell’Interregno.
Attraverso la benevolenza di una divinità primigenia indicata come Volontà Superiore su queste terre venne innestato il gigantesco Albero Madre, fonte di un potere smisurato che garantì la creazione di un artefatto noto come Anello Ancestrale (Elden Ring).
Successivamente, tale potere permise ai deboli e miseri esseri umani di acquisire consapevolezza e riunirsi sotto al comando della Regina Marika, una Semi-Dea (Numen) scelta dalla Volontà Superiore stessa per assumere il ruolo di suo Araldo personale e di guida terrena.
Il governo di Marika fu duraturo e prosperoso, dando inizio ad una particolare Età dell’Oro e creando uno specifico ordine fisico e cosmologico denominato Ordine Aureo.
Indipendentemente da questo, la Volontà Superiore desiderava comunque assicurarsi il perdurare di tale status-quo e ben conosceva l’inclinazione per il potere e la corruzione della debole condizione umana.
Seppur Marika condividesse solo un’infinitesima parte di tale condizione, la Volontà Superiore voleva garantirsi la sua imperitura obbedienza inviando sull’Interregno delle entità (denominate Dita) che vigilassero sul suo operato e riconducessero l’Araldo sulla retta via nel caso in cui quest’ultimo avesse voluto soppiantare l’autorità della Volontà Superiore stessa.
Seguirono numerosi avvicendamenti (perlopiù frutto di intrighi politici) che non affronteremo ora e che vi lasceremo scoprire durante le vostre partite ma sappiate che, in seguito a questi avvenimenti, gli equilibri che sorreggevano il delicato rapporto con la Divinità si incrinarono miseramente.
Marika decise di sottrarsi al controllo della Volontà Superiore e frantumò l’Anello ancestrale, dando origine a quella che viene denominata Disgregazione e creando quindi dei frammenti (Rune Maggiori) che finirono in mano alla progenie della Regina stessa.
Da quel momento la distruzione portata dalla guerra imperversò nell’Interregno che vedeva numerose casate ed eredi al trono darsi battaglia per imporre la propria idea di governo o, semplicemente, per conquistare il potere di governare.
(Mi ricorda qualcosa…)
L’avventura del giocatore inizia con la Disgregazione ormai giunta al termine.
Ai Campioni Semidivini si sono in seguito affiancati numerosi altri pretendenti provenienti da terre esterne all’Interregno e molti di essi, denominati Senzaluce, sono ritornati in queste lande dopo essere stati abbandonati dalla benedizione dell’Albero Madre e, di conseguenza, banditi.
A tutti i contendenti furono successivamente affiancate delle Vergini delle Dita, per guidarli nella loro difficile missione volta ad impossessarsi delle Rune Maggiori e, con esse, ricostruire l’Anello Ancestrale e riportare l’equilibrio nell’Interregno.
È su questo sfondo che si risveglia anche un Senzaluce ignoto il quale, guidato dalle visioni e dalle benedizioni della Grazia, decide di iniziare il proprio cammino verso la ricostruzione dell’Elden Ring e la nomina a Lord Ancestrale.
La collaborazione con la penna di Martin è palpabile e, sebbene traspaia senza ombra di dubbio nella fitta rete di intrighi e casate presenti nell’antefatto di questa narrativa complessa, ciò che percepiamo (soprattutto avventurandoci nelle Lands Between) è lo sconfinato amore dell’autore americano per l’opera di Tolkien e l’assoluta immediatezza con cui Dei e Uomini si scontrano sullo stesso piano, in un’alacre lotta per affermare la propria identità.
Non possiamo certamente definire questa trama come una delle più originali mai scritte, spesso infatti si fatica nella letteratura a distinguere amorevoli citazioni da sottili plagi, ma ciò che più colpisce all’interno della narrativa è il respiro e la coerenza con la quale i vari attori di queste vicende sono plasmati.
L’opera del Trono di Spade di Martin è famosa (e forse capostipite) di un genere narrativo nel quale gli abissi sociali vengono colmati spesso di rabbia e spietatezza ed avvicinano figure che, per definizione, sono sempre lontane e quasi antitetiche.
Nella narrativa di Elden Ring, allo stesso modo, si percepisce ben palpabile questo sentimento di partecipazione che, in ogni momento dell’avventura, ci coinvolge e trascina verso l’inevitabile epilogo di un viaggio che condurrà un’anima perduta ed oscura (guarda un po’…) ad assurgere alla gloria, sia essa reale o perduta.
Non fraintendeteci.
Il metodo con il quale il gioco ci fornirà le informazioni relative alla trama risulterà (come è uso nelle opere di From Software) parsimonioso, frammentato e criptico e sarà nostro compito riordinare i pezzi di un puzzle che, questa volta, è davvero gigantesco.
Affronteremo in seguito l’analisi del sistema delle Quest nello specifico ma vi basti sapere che la varietà di NPC e sotto trame renderà a volte davvero difficile mantenere il filo della storia che stiamo seguendo in un determinato momento della nostra partita.
Ma tutto questo non è necessariamente un male.
Ci ritroveremo, dopo un centinaio di ore di gioco, ad aver compilato una nostra interpretazione della storia che ci sta conducendo in giro per il mondo e, attraverso la descrizione di un oggetto o una particolare frase detta da un NPC, potremmo rivalutare buona parte di quanto appreso fino a quel momento, trovandoci di fronte ad un gradito colpo di scena.
Come nel migliore Dark Souls, sarà necessario rompere la quarta parete e confrontarci con amici e compagni di gioco per unire i pezzi di storie frammentate e giungere ad un quadro più grande.
Non vogliamo affatto dirvi che questo sia il modo migliore per raccontare una storia all’interno di un gioco, ma in Elden Ring lo è, senza ombra di dubbio, e funziona dannatamente bene.
Struttura ludica ed Open World
Il sistema di gioco avvicina enormemente Elden Ring ai precedenti titoli From Software e lo fa entrare di diritto nella categoria dei Souls.
Si basa, infatti, su alcuni pilastri ben specifici che sono comuni alla maggior parte dei titoli di questo sottogenere videoludico.
Sconfiggendo i nemici otteniamo una valuta (le Rune) che potrà essere utilizzata per aumentare le nostre caratteristiche, salendo quindi di livello, o per acquistare equipaggiamento dai mercanti sparsi per il mondo di gioco.
Per poter salire di livello sarà necessario trovare e riposare presso alcuni Luoghi di Grazia i quali, oltre a rigenerare le cariche all’interno delle nostre fiaschette curative e di mana e riempire le nostre barre di Salute, Punti Azione e Stamina, ci cureranno da tutti gli status negativi che avremo subito ma riporteranno in vita nel mondo di gioco tutti gli avversari precedentemente sconfitti, ad eccezione di Boss e Mini-boss.
I luoghi di grazia fungeranno, inoltre, da basi di teletrasporto rapido e ci consentiranno di memorizzare incantesimi, gestire il nostro inventario, riposare fino ad uno specifico momento della giornata e numerose altre funzioni che vi lasciamo scoprire durante il gioco.
Per quanto Elden Ring si rifaccia in tutto e per tutto ai canonici aspetti dei Souls (ne parleremo più avanti), ci troviamo alle prese con un’opera dalla portata smisurata, per spessore e dimensione.
Una struttura Open World ed una caratteristica elementare come l’abilità di saltare o la presenza di una cavalcatura (dotata di doppio salto) possono apparire come aspetti basilari o, se vogliamo, addirittura banali qualora inseriti nella prospettiva ludica generale ma, a nostro avviso, vanno considerate abbinate al criterio di “creare i videogiochi” che ha sempre contraddistinto Hidetaka Miyazaki o quantomeno al quale egli stesso ci ha abituati nella saga Dark Souls.
Eh sì perché se, di fatto, un Open World è funzionale o addirittura essenziale ad un sistema ludico tipico di un Assassin’s Creed o di uno Skyrim, non è mai stato considerato necessario (o addirittura valutato superfluo) in una struttura come quella dei Souls nella quale il giocatore è sempre stato abituato a “subire” il mondo di gioco che, non me ne vogliate, ma in tutte le sue iterazioni è quasi unilateralmente presentato su binari perlopiù granitici. La scelta dei nemici da affrontare per vedere progredire l’avventura è sempre stata piuttosto lineare.
E non è una critica, assolutamente, ma l’analisi di una caratteristica fondamentale alla definizione del sottogenere ludico stesso.
Gli amanti di questo sottogenere sono avvezzi a “farsi bastare” queste caratteristiche, proprio perché From Software li ha sempre abituati ad aspettarsi un mondo sì limitato in liberta ma smodatamente ricco e al limite della maniacalità.
Questo si è espresso nella ricerca del dettaglio stilistico, nella varietà degli equipaggiamenti e nella vastità delle loro combinazioni o anche solo nella millimetrica calibrazione di ogni singolo scontro. Infatti anche il più misero degli avversari è dotato di una struttura molto complessa, avendo routine di attacco che, se sottovalutate o non analizzate con attenzione, possono trasformarsi in un breve incubo anche per personaggi di alto livello.
Queste preziose caratteristiche, seppure da sempre depauperate di elementi per l’appunto altrove basilari come salto, mondo aperto, viaggi rapidi o cavalcature, sono state sufficienti a confezionare titoli in grado di far macinare ai propri utenti centinaia (se non migliaia) di ore di gioco, alla ricerca dell’arma nascosta o di un segreto per anni celato tra le descrizioni di alcuni oggetti valutati insignificanti.
Ora, immaginate una struttura dotata di questa profondità alla quale si aggiunge la vastità di una mappa enorme, colma di aree segrete attraverso la quale potersi avventurare in libertà grazie all’ausilio della possibilità di saltare, di una cavalcatura o del viaggio rapido tra i luoghi di grazia precedentemente scoperti.
Avventurandovi per l’Interregno troverete, infatti, il gusto per la scoperta dato che ogni angolo, ogni anfratto, può presentare NPC nascosti che daranno vita ad una serie di quest, una statua che vi indicherà un angolo in ombra di una montagna nel quale è situato qualcosa di interessante da trovare o anche solo un’area occultata da una macchia di alberi che si apre su uno scorcio di una bellezza disarmante.
Vanno, inoltre, assolutamente menzionati i bellissimi Legacy Dungeon.
Si tratta di strutture enormi (spesso castelli o avamposti) ricche di percorsi alternativi e scorciatoie, in tutto e per tutto simili alle macro aree già presenti nella serie Dark Souls ma che lasceranno a bocca aperta anche i fan più esperti per vastità e complessità dei livelli.
In Elden Ring l’impulso di seguire la propria curiosità viene sempre premiato, ora con un oggetto utile, ora con uno scontro impegnativo e tutto questo in qualunque momento del gioco, anche dopo centinaia e centinaia di ore macinate al suo interno.
E questo rende l’Open World una creatura viva, funzionale, così come non se ne vedevano da tempo e come non si è vista in altri titoli che dell’Open World hanno sempre fatto il loro punto di appoggio su cui basare l’intero impianto ludico.
Grafica, aspetto tecnico e comparto audio
Doveste decidere di fermare la lettura a qualche riga fa, sareste legittimati a pensare che Elden Ring sia un assoluto capolavoro privo di difetti, dato che non ci sono bastate più di 2000 parole per elencarne tutti i pregi e le incredibili caratteristiche, ma è giunto il momento di tornare con i piedi per terra ed affrontare la sezione più critica di questa recensione.
Non stiamo per svelarvi un segreto e le numerose foto e i molteplici video che imperversano sul web da ormai più di un mese lo hanno reso ben chiaro e lampante.
Elden Ring non è un titolo al passo con i tempi.
Tutti gli amanti degli ultimi titoli di From Software (inclusi i bellissimi Bloodborne e Sekiro: Shadows Die Twice) sono ben consapevoli del fatto che la blasonata casa di produzione nipponica non ha mai goduto dell’appannaggio di un motore grafico visivamente impressionante ed anche la pulizia generale del codice di gioco non è mai stata un loro punto di forza.
Frequenti glitch, bug, compenetrazioni, attacchi degli avversari attraverso i muri, boss e mini-boss di grandi dimensioni intrappolati nelle porte e ridotti al ridicolo.
Tutte queste carenze sono sempre state un “marchio di fabbrica” della produzione di Miyazaki e, senza particolari soprese, le ritroviamo ampiamente anche in Elden Ring.
Nelle numerosissime ore che la redazione ha macinato all’interno delle Lands Between non è mancato nemmeno uno di quei fastidiosi inconvenienti elencati poco prima e, anzi, a questi ultimi si sono aggiunti problemi invalidanti quali la mancata connessione ai server al lancio del gioco oppure la totale corruzione o cancellazione dei salvataggi nel caso in cui il gioco non venisse chiuso tramite le funzioni di uscita e salvataggio (e in alcuni casi anche seguendo la procedura corretta).
Capirete anche voi che, in un titolo nel quale una direzione presa nell’esplorare o un colpo dato in un certo modo possono cambiare l’esito di ORE di gioco, questo tipo di problematiche risulta quasi del tutto inaccettabile.
Spostando l’analisi sull’aspetto puramente estetico della produzione, come anticipato, non siamo assolutamente rimasti colpiti.
Desideriamo, però, specificare:
L’analisi che segue NON SI RIFERISCE alla direzione artistica ed al colpo d’occhio generale dell’insieme poiché le scelte stilistiche operate dal team e la qualità costruttiva degli scenari, oltretutto pensati in un ambito Open World di questa vastità, è assolutamente di prima categoria e a tratti ha del Miracoloso.
Senza esagerare: il 90% delle aree di gioco costituiscono, in qualunque angolazione le si osservi, la rappresentazione di un maledetto quadro.
E ci sentiamo in dovere di citare anche l’assoluta meraviglia generata dal colpo d’occhio complessivo, dato che la linea dell’orizzonte visibile è situata così lontano da permettere di vedere zone estreme della mappa, ben consapevoli che tutto quello che è di fronte ai nostri occhi, è completamente esplorabile.
L’aspetto su cui desideriamo esprimere le criticità è proprio il meraviglioso quadro, se analizzato nel dettaglio.
Dal lato meramente estetico ci troviamo davanti a texture spesso slavate e molte volte con brutti comportamenti in seguito ai cambi di illuminazione, dovuti al trascorrere del tempo. Ed è un peccato perché l’illuminazione, seppur non beneficiando della tecnologia Ray Tracing, regala situazioni davvero suggestive, soprattutto in ambienti chiusi e ricchi di sorgenti di luce indipendenti (lanterne, candele ecc.).
Le foglie degli alberi e la vegetazione in generale, seppur nell’insieme siano assolutamente convincenti, da vicino (e non è necessario osservarle al microscopio) sono principalmente costituite da Sprite tutti uguali che si muovono assieme all’osservatore e colpiti dalle ombre spesso in modo raccapricciante.
Gli stessi alberi in lontananza, se soggetti ad un tempo atmosferico ventoso, si trasformano in masse verdastre saltellanti che circondano l’orizzonte, alla stregua di un gruppo di ballerini hip-hop intenti a lanciarci una sfida nella migliore imitazione di un film della serie Step Up.
Capirete anche voi che tutta la meraviglia scaturita dall’impressionante colpo d’occhio dei sublimi scorci dell’Interregno subisce una forte battuta d’arresto, come se la Sospensione dell’Incredulità, magistralmente gestita fino a quel momento, ci tirasse un pugno in piena faccia e ci facesse risvegliare nel 2013 nel campo da golf di Los Santos.
A quanto già citato, aggiungiamo una numerosa serie di Asset (movimenti, collisioni) platealmente riciclati dalle precedenti produzioni From Software che ci fanno porgere un’unica domanda:
Ma in una cornice di una qualità artistica di questo livello… perché?!
Tutto questo non vuole faziosamente affossare un titolo che, per numerose caratteristiche, merita di essere ricordato a lungo ma denota una dilagante pigrizia nello sviluppo che colpisce da diversi anni case di produzione più che blasonate le quali, se messe a paragone coi piccoli studi Indie che sfornano autentici capolavori (Death’s Door, Tunic, Hollow Knight), falliscono miseramente il confronto.
E in un gioco che presenta picchi di assoluta eccellenza come Elden Ring, tutto questo genera profonda delusione.
Parlando di prestazioni, anche in questo caso la nota è dolente.
Sulle nostre configurazioni di prova (PS5, Xbox Series X e PC con 3080 Ti) il titolo fatica a mantenere il framerate stabile e, spesso, ben lontano dagli sperati 60fps.
Frequenti cali e persino sporadici episodi di Stuttering a volte pregiudicano intere sessioni di gioco dato che, potrete facilmente immaginarlo, impegnati in uno scontro con un boss dalle complesse e millimetriche routine di combattimento, anche il singolo secondo di Freeze può compromettere la partita.
A nulla sono servite le patch uscite al day one e le poche successive, dato che questo tipo di problemi perdura anche al momento in cui viene pubblicata questa recensione.
Va detto, però, che From Software si è sempre dimostrata piuttosto attenta al feedback dato dai giocatori e quindi non è da escludere che gli sviluppatori siano già al lavoro per risolvere questi ed altri problemi che affliggono un prodotto comunque molto valido.
A titolo informativo, in seguito alle richieste degli utenti, una delle caratteristiche aggiunte in una recente patch ha introdotto sulla mappa di gioco le utilissime icone relative ai vari NPC incontrati.
Funzione indispensabile per non smarrirsi nelle innumerevoli Quest disponibili nel vastissimo mondo esplorabile.
Dal punto di vista del comparto audio ci possiamo ritenere, invece, del tutto soddisfatti.
La colonna sonora, perlopiù orchestrale, riesce a definire in modo marcato ma originale e caratteristico il passaggio tra diverse aree durante l’esplorazione ed ottiene questo risultato operando transizioni magistrali e assolutamente non invasive che accompagnano il giocatore nell’avventura in modo naturale ed impeccabile.
Ottimo anche l’insieme di suoni ambientali che definiscono in modo eccelso il passaggio delle varie fasi della giornata e delle diverse condizioni atmosferiche che incontrerete durante il gioco.
La qualità sonora, già ad altissimo livello, esplode poi letteralmente durante gli scontri con i boss principali della storia.
Senza peccare di spoiler, assisterete a più di un paio di scontri che, per scenario, coreografia e musiche epiche, non sfigurerebbero nella migliore produzione cinematografica Fantasy degna di un Oscar.
Nota di merito l’aver inserito alcune creature dotate di abilità canore assolutamente sublimi che si faranno strada in lande o scorci desolati, salvo poi…
Ma lo scoprirete.
Elden Souls o Dark Ring? La nostra conclusione
Per riassumere in un unico paragrafo le innumerevoli informazioni espresse fino a questo punto, possiamo dire quanto segue.
Elden ring è un capolavoro?
No.Elden ring è una pietra miliare?
Sì.
Non vogliamo farvi confondere il concetto di pietra miliare con quello di successo epocale.
Più spesso di quanto non vorremmo, la dualità di produzioni allo stesso tempo sublimi e deludenti costituisce un tale progresso, una tale lezione nel procedere del Medium Videoludico che andrà ricordato in modo significativo per i suoi fallimenti allo stesso modo che per i suoi incredibili successi.
Proprio perché dai fallimenti, spesso, si apprende molto di più.
Ed Elden Ring è esattamente questo.
Fallisce miseramente nel volersi distaccare in modo netto dalla pesante eredità dei Souls tanto da poter essere a diritto definito da una parte dell’utenza un Dark Souls 4 Open World ma, allo stesso modo, trascina e traghetta la medesima opprimente eredità in un mondo del tutto nuovo e inaspettato nel quale anche il videogiocatore più estraneo e lontano da questo sottogenere potrà sentirsi trascinato, irretito, meravigliato e vorace nel volerne ancora di più.
E questo ultimo aspetto ne definisce un successo senza pari all’interno dell’intera industria tale da rappresentare, che ci piaccia o no ammetterlo, un punto di riferimento, se non per il medium, quantomeno per questo sottogenere che nel corso degli anni accoglie sempre più titoli, sempre più proseliti da regioni sempre più lontane del Giappone.
Elden ring è un Souls che concede molto e pretende poco (o molto meno dei predecessori) ma non confondetelo con un Dark Souls Easy Mode per turisti perché non lo è affatto.
Ci sono sezioni ostiche e punitive che vi faranno perdere la voglia di continuare ma, se persevererete, vi ritroverete in aree del tutto inaspettate e dotate di una magia tale da irretirvi ed intrappolarvi per decine di ore successive, senza che ve ne siate accorti.
Il mondo è bellissimo e, per quanto sia molto più vuoto del canonico Rpg Open World, è la geografia stessa a risultare viva e pulsante, da quanto essa è coerente ed integrata col paesaggio.
La medesima maniacale attenzione al dettaglio di Miyazaki è trasportata su una scala globale e su un livello di verticalità da far invidia alla stessa, vituperata (ma bellissima) Night City.
La cripticità e l’avarizia delle informazioni recuperate all’interno delle storie dei numerosi personaggi, vi condurranno alla ricerca delle sotto trame per giungere in modo del tutto consapevole ma meravigliato in uno dei sei meravigliosi finali disponibili.
Le quest, infatti, sono numerose, articolate e sparse per tutto il territorio disponibile e, spesso, seguirne più di una contemporaneamente vi potrebbe far smarrire a tal punto da non ricordare più quale stavate seguendo.
Non sarebbe stata una cattiva idea aggiungere un’interfaccia relativa a questo aspetto del gioco. Nulla di invasivo e non coerente con la filosofia del genere, ma un semplice diario scritto anche in modo criptico sarebbe stato apprezzato.
Questo però nulla toglie al livello di scrittura di ogni singola Quest affrontata durante il Playtest, dato che tutti i vari NPC sono dotati di una propria filosofia e coerenza che li rende assolutamente plausibili, spesso anche a discapito del classico “lieto fine” che in altre produzioni si tende a dare quasi per scontato.
E come ciliegina sulla torta, per quanto fosse possibile, la struttura delle Bossfight, da sempre collaudato pilastro della serie Souls, è stata ampliata e migliorata all’estremo.
Ci sono numerosi boss minori riciclati, è vero, ma vi troverete ad affrontare alcune sfide di trama che, per complessità, regia e coreografia, vi trasporteranno all’interno di momenti di qualità artistica che non sfigurano se paragonati ai pilastri cinematografici di genere e, in alcuni casi, li superano di buona misura.
In sostanza Elden Ring non è un capolavoro perché è esattamente quello che ci saremmo aspettati dal team di Miyazaki:
Un lavoro magistrale e minuzioso nelle caratteristiche che il Director stesso ha valutato indispensabili, ma parecchio deludente su alcuni aspetti che lo avrebbero di certo elevato a punto di riferimento del Medium nel suo complesso.
Rimane comunque il nuovo metro di paragone per ogni titolo anche solo lontanamente avvicinabile ad un Souls e in assoluto e di gran lunga il miglior lavoro mai realizzato da From Software, in ambito ARPG.
Prima di chiudere, desidero menzionare il nostro Caporedattore Giuseppe ed i colleghi Oreste e Paolo, senza il cui prezioso aiuto confezionare questa mastodontica recensione sarebbe stato molto più complesso e laborioso.
Che ne pensate di Elden Ring? Siete d’accordo con il nostro giudizio?