Benvenuti cari FollowHz in una nuova puntata de “Le Storie del Corvo”!
La scorsa settimana avevamo lasciato il nostro eroe, il re scimmia Sūn Wùkōng, che aveva fatto ritorno alla montagna dei fiori e dei frutti e trovato il suo popolo oppresso da un terribile flagello.
Il popolo delle scimmie presso il Sipario d’Acqua ha subito i terribili attacchi da parte di esseri maligni guidati da un demone del caos, il quale ha rapito e condotto in schiavitù molti membri giovani della gente di Sūn Wùkōng.
Dopo aver appreso di questi fatti, il re scimmia si è diretto presso il rifugio del demone sfidandolo poi a duello.
Grazie alla conoscenza e alle tecniche apprese nei lunghi anni di noviziato presso il maestro Subhūti , Wùkōng riesce a uccidere il demone ed annientarne le schiere.
Dopo aver sterminato tutti i demoni presenti in quel luogo, non rimasero che le scimmie fatte prigioniere da quel maligno essere signore del caos.
“Voi che cosa ci fate qui?” chiese Sūn Wùkōng.
Erano trenta o quaranta, e risposero con gli occhi inondati di lacrime:
“Dopo la partenza di vostra maestà in cerca dell’immortalità, ci sono stati anni di guerre rovinose in cui abbiamo perso ogni cosa.
Come potete vedere questi utensili, queste tazze e piatti di pietra, che vengono appunto dalla nostra caverna. Tutto quell’essere mostruoso ci aveva portato via.”
“Dal momento che è roba nostra, riportiamocela via” ordinò Sūn Wùkōng; poi mise fuoco alla caverna, che venne devastata per intero. “Venite con me, ritorniamo a casa.”
“Venerabile altezza, tutto ciò che abbiamo percepito della strada, mentre venivamo portati qui, era il gran vento che ci fischiava nelle orecchie.
Non conosciamo la strada: come possiamo tornare indietro?”
“Niente di più facile, non era che una barzelletta la magia del vostro rapitore.
Chi ne sa uno, li conosce tutti.
Ma me ne intendo anch’io. Chiudete gli occhi, non abbiate timore.”
Splendido fu il re Scimmia! Recitò un sortilegio, si alzò cavalcando un violento colpo di vento e andò a posarsi su una nuvola. Poco tempo dopo si rivolse ai suoi gridando: “Ragazzi, aprite pure gli occhi.”
Giusto il tempo di posare un piede sulla terraferma, che riconobbero il paese natale e, tutti al colmo della gioia, si precipitarono verso l’entrata della caverna che conoscevano fin troppo bene.
Le scimmie che erano rimaste sul posto vi entrarono in folla con loro e, in buon ordine secondo età e ceto, resero omaggio al loro sovrano.
Si portarono vini e frutta per festeggiare il felice ritorno. Alle rispettose domande sulla distruzione del demone e sul salvataggio dei piccoli, Sūn Wùkōng rispose raccontando ogni particolare per filo e per segno, e cascate di interminabili applausi e manifestazioni d’ammirazione vennero resi in suo onore dalle scimmie presenti a banchetto.
“Dove è andata a studiare vostrà maestà?
Non avremmo mai immaginato che potesse apprendere sì tante cose.”
“Quando vi ho lasciato, ho navigato sulle onde dell’oceano orientale finché ho raggiunto il continente Jambu del Sud, dove ho imparato le maniere degli uomini e ho indossato queste vesti e queste calzature che vedete.
Ho vagabondato in ogni dove per otto o nove anni senza trovare la Via.
Poi ho attraversato un altro oceano fino alla costa del continente occidentale e l’ho visitato a lungo, prima di avere la fortuna di incontrare un patriarca che mi ha trasmesso il vero potere della longevità uguale al cielo e il grande segreto dell’accesso alla lunga vita che non conosce la morte.”
“Che fortuna inaudita, a cercarla per diecimila kalpa!” esclamarono le scimmie congratulandosi. “Figlioli miei, ho un’altra buona notizia che vi allieterà: adesso posseggo un nome.”
“Come si chiama vostra altezza?” “Ora mi chiamo Sūn, Macaco; il mio nome secondo il credo di Buddha è Wùkōng, Cosciente della Vacuità.” Con gran gioia tutte le scimmie applaudirono e dissero: “Se Voi, Sire venerabile siete Scimmiotto Maggiore, noi siamo Scimmiotto Minore, Scimmiotto Piccolo, Scimmiotto Minuscolo, Scimmiotto Minimo: una grande famiglia di Scimmiotti, un antro, un regno intero di Scimmiotti!”
Tutti vennero a presentare a Scimmiotto Maggiore, il venerabile Sun, piatti e tazzine, vini di palma e d’uva, fiori e frutti divini: proprio una gran bella festa in famiglia.
Col nome acquisito si preparò il popolo delle scimmie a far il proprio ingresso fra le schiere degli immortali.
Qui di seguito ecco la storia di cosa il futuro tenne in serbo per il re scimmia e la sua nazione.
Si è dunque discusso del glorioso ritorno dell’affascinante Re Scimmia al suo paese: dopo aver distrutto il covo del Re Demone del Caos ed essersi impadronito della sua grande sciabola, Sūn Wùkōng trascorreva le giornate impegnandosi nelle arti marziali.
Aveva fornito le scimmie giovani di giavellotti di bambù e di sciabole di legno, e insegnava loro ad avanzare e ripiegare, accamparsi, piantare palizzate; tutto a colpi di fischietto, con segnali di stendardi e bandiere.
Si erano divertiti così per un bel pezzo, quando Sūn Wùkōng, in un momento di riposo, si mise a pensare ad alta voce: “E se qualcuno prendesse sul serio questi trucchetti, che cosa ci potrebbe capitare?
Temo che qualche re di uomini, o bestie, o uccelli, potrebbe prenderne il pretesto per attaccarci, dichiarare che le nostre esercitazioni militari preparano una ribellione, arruolare un esercito e venirci a massacrare.
E voi che cosa gli potreste opporre, con le vostre pertiche di bambù e le spade di legno? Ci vorrebbero armi di metallo, lance aguzze, spade taglienti, alabarde. Cosa si può fare?”
A sentirlo parlare le scimmie si allarmarono: “Vostra maestà pensa in grande, ma non vi è luogo dove possiamo procurarci queste armi…”
Mentre si esaminava la questione si presentarono quattro vecchie scimmie, due macachi dal culo rosso e due gibboni dalle lunghe braccia. “Sire” dissero facendosi avanti “se bisogna procurarsi armi taglienti, non è difficile.”
“Che cosa avete in mente?”
“A est della nostra montagna, ai margini del paese di Aolai, si trova una distesa d’acqua di duecento li.
Vi risiede un re che regna una città piena zeppa di gente e di soldati. Egli dispone sicuramente di manufatti d’oro, argento, bronzo, ferro e altri tipi di metallo.
Se vostra maestà ci vuole andare, basterebbe acquistare o farsi fabbricare delle armi, e insegnarci a servircene per difendere le nostre terre. Questo ci garantirebbe una durevole prosperità e sicurezza per molto tempo.”
“Restate a divertirvi e attendete il mio ritorno” rispose Sūn Wùkōng, rallegrato dal suggerimento.
Detto fatto: con una capriola nelle nuvole attraversò in un istante i duecento li d’acqua e scoprì in effetti, dall’altra parte, mura e fossati di una città con decine di migliaia di case e un altissimo numero di porte, compartita da viali ad angolo retto che circoscrivevano ampi mercati.
La folla andava e veniva sotto il sole che brillava nel cielo. Wùkōng si disse: “Qui di armi già pronte devono essercene molte: è più conveniente procurarsene un po’ con un una magia, che contrattare per comperarle.”
Fece i suoi passaggi, recitò l’incantesimo e, rivolgendosi in direzione sud-est, inspirò profondamente; poi espirò con tal forza che si alzò una violenta burrasca: la sabbia volava, le pietre rotolavano.
Una cosa terrificante!
Trema la terra al suono del tonante urlo del cielo, Nere le nubi e turbini di polvere. S’agita l’acqua spaventando i pesci.
Boschi sconvolti, tigri e lupi in fuga. Son fuggiti mercanti e portatori. Vuote botteghe, banchi abbandonati. Il re lascia la corte e si ritira, Si chiudon nei propri uffici gli ufficiali.
La statua di mille anni è rovesciata, La torre è scossa dalle fondamenta.
La bufera aveva gettato nel panico l’intero paese: dal re all’ultimo dei sudditi, tutti si erano barricati in casa. Nessuno avrebbe osato circolare. Allora il re Scimmia diresse la sua nuvola dritta sull’ingresso del palazzo.
Cercò l’arsenale, trovò l’entrata dell’armeria, ne forzò i battenti e vi scoprì una colossale quantità d’armi: sciabole, lance, spade, alabarde, picche, falci, sferze, rastrelli, mazze, tavolette, archi, balestre, tridenti – insomma tutto quello che si può immaginare.
Molto ammirato alla vista di un tale spettacolo, Wùkōng si disse: “Da solo non posso portar via gran che: converrà fare il trasloco con l’aiuto della moltiplicazione del corpo.” Grande idea questa avuta dal re Scimmia!
Si cacciò via un pelo, se lo cacciò in bocca, lo masticò, lo sputò intorno recitando l’incantesimo e, appena ebbe gridato: “Trasformatevi!”, centinaia e migliaia di scimmiette si sparsero indaffarati nei magazzini ad afferrare e a disputarsi gli oggetti. I meglio piantati ne prendevano sei o sette, i più mingherlini due o tre.
Finirono per fare piazza pulita. Allora Wùkōng risalì sulla sua nuvola e con il solito procedimento riportò tutto quanto al suo paese.
Le scimmie della Montagna di Fiori e Frutti, grandi e piccole, mentre giocavano davanti alla grotta, sentirono soffiare un vento improvviso; il cielo si riempì di un immenso sciame di scimmiette.
Quelle di sotto, prese dal terrore, corsero in disordine a nascondersi dove capitava.
L’Affascinante Re Scimmia fece scendere la nuvola, la fece scomparire e con uno scrollone ricuperò il suo pelo; restarono le armi sparse qua e là ai piedi della montagna. “Figlioli!” gridava “Venite a prendere le vostre armi!”
Vedendo il re Scimmia tutto solo in mezzo allo spiazzo, le scimmie accorsero a rendergli omaggio e a chiedere com’era andata. Sūn Wùkōng raccontò come aveva usato il vento per impadronirsi del materiale e per trasportarlo.
Le scimmie espressero la loro gratitudine e si gettarono sulle armi; chi impugnava una sciabola, chi una spada; altri brandivano asce, altri alzavano lance; questo tendeva un arco, quello caricava una balestra.
Si divertirono tutto il giorno, fra grida e clamori. Il giorno dopo ripresero le esercitazioni regolari. Quando Wùkōng le riuniva tutte, contava almeno quarantasettemila scimmie.
In poco tempo furono in grado di guadagnarsi rispetto e timore da parte di tutti gli altri abitatori della montagna: lupi, tigri, leopardi, cervi, caprioli, daini, volpi, donnole, tassi, leoni, elefanti, gorilla, orsi, antilopi, cinghiali, bisonti, camosci, lepri e tanti altri.
I re di varie specie di antri diabolici, in numero di settantadue, vennero a prestare omaggio al re scimmia.
Alcuni partecipavano alle manovre, altri fornivano provviste quando ce n’era bisogno. Tutto ciò in perfetta organizzazione, in modo che la Montagna di Fiori e Frutti diventò una piazzaforte più solida di una botte di ferro, difesa meglio di una città con le mura di bronzo.
I re demoni delle varie province contribuivano anche con tamburi di bronzo, stendardi colorati, elmi e armature. Ogni giorno si ripeteva il clamore delle manovre e degli esercizi.
Fu dunque in mezzo all’allegria generale che l’Affascinante Re Scimmia si rivolse un giorno alla moltitudine: : “Adesso siete bene addestrati a maneggiare armi, archi e balestre. Ma questo sciabolone è troppo ingombrante: non mi piace mica. Che cosa si può fare?”
Le quattro vecchie scimmie si fecero avanti per fare rispettosamente notare al proprio sovrano che la sua natura di immortale lo rendeva inadatto a usare armi qualsiasi: “…ma non abbiamo idea se voi, augusto re, siate in grado di camminare nell’acqua.”
(Continua…)
(Immagini tratte da CCTV电视剧).